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L’ultima parola è dei Pavoni

L’ULTIMA PAROLA E’ DEI PAVONI

con Alessandro Averone
Tamara Bartolini
Solimano Pontarollo
Alessandro Minati
Enea Tomei

Testo e regia di Maria Francesca Destefanis

Spettacolo che racconta l’amicizia epistolare tra la scrittrice americana Flannery ÒConnor e una giovane studentessa universitaria. Nell’America degli anni 50 una giovane donna scrive una lettera a una scrittrice il cui libro l’ha molto colpita. Inaspettatamente riceverà una risposta che dara il via ad un rapporto che cambierà la vita a entrambe. Ispirato alle lettere che la scrittrice americana Flannery ÒConnor inviava a una ragazza rimasta a lungo anonima, e conosciuta dai lettori dell’epistolario come A., L’ultima Parola dei Pavoni racconta la vita e i racconti di una delle più interessanti autrici dei nostri tempi attraverso il rapporto di amicizia imprevisto e inaspettato con la giovane ammiratrice. Proprio nel suo voler restare solo A., la narratrice della storia diventa metafora del lettore che incontra l’autrice attraverso i suoi libri e ne condivide scoperte e passioni. Un rapporto che segna e cambia la vita fino all’esito finale una morte che non è l’ultima parola sull’esistenza, perché come scriveva Flannery ÒConnor “L’ultima parola è dei Pavoni”.

Lo spettacolo viene rappresentato in lettura scenica nel 2004 presso Il Centro Studi americani, nel quadro di un convegno per i quarant’anni dalla morte di Flannery ÒConnor, con il patrocinio del comune di Roma.

Nel marzo 2007 debutta a Roma presso il teatro Sala Uno, con Alessandro Averone, Solimano Pontarollo, Alessandro Minati e Tamara Bartolini, che lo riprenderà in forma di monologo al teatro Belli; nell’aprile 2009 va in scena presso la pontificia università della Santa Croce a Roma, fra le manifestazioni della conferenza internazionale Reason Fiction and Faith, dedicata a Flannery ÒConnor.

Il testo, nato come saggio di diploma di Maria Francesca Destefanis alla Scuola Holden, ha vinto il XXXI premio Flaiano Drammaturgia under 35.

“L’ultima parola è dei pavoni è una pièce di grande finezza e di raffinato lirismo nel rappresentare la solitudine, la malattia e la deformità di Flannery O’Connor, la grande scrittrice americana che rappresentò il sud degli Stati Uniti con una visionaria fantasia.” (dalla motivazione del XXXI premio Flaiano)

L’ultima parola è dei Pavoni” è nato come saggio di diploma di Maria Francesca Destefanis. Alla Scuola Holden il saggio di diploma si chiama “prova d’autore”.  Gli allievi si scelgono un tutor tra gli insegnanti. E Maria Francesca ha scelto me. Per me fare il tutor di una prova d’autore è leggere quello che l’allievo ha scritto. Leggerglielo a voce alta. Fargli sentire quello che ha scritto. Scrivere è una cosa che si fa con il corpo non con la mente. E dalla scrittura deve emergere il corpo dello scrittore, il suo respiro. Sentirlo attraverso il corpo e la voce di un’altra persona è la cosa più utile che riesco a fare di utile per i ragazzi, preoccupati per la loro prova d’autore. Così ho fatto con la prova di Francesca. Già dalla prima lettura si sente se una storia ha corpo. Spesso questo corpo è legato da abitudini linguistiche, imprigionato dal rispetto di regole tradizionali… ma se c’è il corpo si sente. E il racconto di Maria Francesca il corpo ce l’aveva. Bisognava solo tagliare. La prima cosa che le ho detto è stata: bisogna che di dieci pagine ne fai tre senza perdere niente. Lei, incredibilmente, lo ha fatto. Ed è venuto fuori un testo teatrale. Parole che aspettano solo di essere messe in bocca agli attori giusti .

(Gabriele Vacis)

Nichilisti e benpensanti sono avvisati, se non volete essere turbati e inquietati non passate a teatro a vedere “L’ultima parola è dei Pavoni” potreste anche rischiare di rivedere il mondo con occhi nuovi

(Andrea Monda da Avvenire)

È da accogliere con soddisfazione “L’ultima parola è dei Pavoni”, una giovane donna che sul palcoscenico dà voce alle parole della O’Connor e a quelle di una sua fervente ammiratrice, a fare da sfondo l’immagine simbolica di un pavone che, nella sua inquietante bellezza,sembra riflettere tutti gli interrogativi sull’arte, la natura e l’animo umano che la O’Connor e la sua interlocutrice mettono in campo nella loro fervente ricerca del senso della vita.